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Un amico fraterno

Di Monsignor Domenico Giannandrea

(Parroco di san Francesco d’Assisi a Marina di Cerveteri)

Tratto dal libro: "JOZEF MEDOVÝ Un voto d’amore per amore degli altri"

di Roberto Serafini - Ed. Youcanprint 2012

È con immensa gioia che mi accingo a scrivere la mia testimonianza e il mio ricordo su un grande sacerdote che ho conosciuto e apprezzato.

Appena ordinato sacerdote, nel 1988, fui inviato dal vescovo diocesano, monsignor Diego Bona, nella Chiesa di Santa Maria Maggiore in Cerveteri, una parrocchia appartenente alla Vicaria di Cerveteri che in seguito divenne Vicaria di Cerveteri-Santa Marinella. L’allora Vicario Foraneo era per l’appunto monsignor Giuseppe Medový. Il Vescovo mi disse che avrei dovuto avere come punto di riferimento e come una specie di tutor, per i primi anni del mio sacerdozio e del mio ministero pastorale, proprio il Vicario Foraneo. Ecco come ho fatto la sua conoscenza, che in seguito divenne sincera e fraterna amicizia. Non voglio certo annoiarvi con i mille ricordi delle tante volte che ci siamo incontrati, ma semplicemente testimoniare che don Giuseppe mi ha dato molto per la mia formazione e, soprattutto, abbiamo condiviso parecchio della

nostra azione pastorale. Dico subito, senza ombra di dubbio, di aver incontrato un uomo di speciali virtù: onesto, attento osservatore, gentile ascoltatore, paziente e coraggioso; questo e altro lo rendevano un uomo di Dio maturo. Mi ha sempre suggerito di essere fino in fondo sacerdote, cercando di non illudersi per non restare mai delusi. Lui stesso mi ripeteva con insistenza questa frase che porto sempre con me: “Quando sei in un posto, sarai sempre criticato e a volte anche insultato e umiliato, ma appena vai via di lì, diventerai il santo per eccellenza”. 
Sempre con cortesia, mi chiedeva le difficoltà che incontravo nel vissuto di ogni giorno e, sempre senza invadere la mia libertà, ha cercato di mostrarmi la via più percorribile. Diverse volte siamo andati insieme in Curia, per partecipare a varie iniziative o incontri ufficiali, e nel nostro discorrere, durante il ritorno, mai l’ho sentito criticare quanto aveva visto o ascoltato; al contrario, sottolineava l’importanza di esserci confrontati. 
Alle mie lagnanze, dovute all’impressione di aver perso tempo o di aver sentito solo  

cose già ripetute, lui rispondeva candidamente che se non fossimo andati, non avremmo avuto modo di stare insieme tra di noi e con gli altri, insomma non disprezzava mai. Con questo però non voglio dire che non conosceva il buono e il bello oppure che non si rendeva conto se qualcosa non era fatta bene, ma se interveniva, lo faceva sempre non per ripicca o per sua vanagloria, ma soltanto come una pura e semplice correzione fraterna. Quanta pazienza mostrava e regalava. Era un uomo che gradiva la convivialità e la viveva con semplicità e gratitudine e si stava bene con lui. Molte volte, la domenica sera, chiamava per dirmi che aveva bisogno di parlarmi, per vedere e verificare quello che stavo facendo, ma in definitiva mi invitava fuori a cena, a mangiare la nostra meritata pizza e non solo. Aveva il buon gusto di dire:“Noi dobbiamo difendere la nostra ‘santa solitudine’ stando insieme.”
Concludendo, io ho un buon ricordo di lui, era un uomo saggio, un maestro capace ed un sacerdote buono. Desidero da sempre ricordarlo come già davanti a Dio e sempre pronto a intercedere per noi tutti.

str. giannandrea (SK)

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